L’occasione di poter discutere pubblicamente, e di partecipare alla costruzione di un programma elettorale, permette di fare emergere i tratti di una politica universitaria. La politica universitaria è una dimensione particolare della politica, che, invece di ambizioni generali e totalizzanti, si propone come ipotesi di azione all’interno di competenze regionali e settoriali.

I caratteri della politica universitaria non sono l’immediata traduzione delle parole d’ordine della ideologia politica tradizionale (come per decenni è stato per la politica universitaria, per cui le sigle partitiche si riflettevano specularmente nelle fazioni universitarie); né certamente possono essere le gesta di condottieri solitari che incarnano sovranamente la direzione di un ateneo; ma si si possono trovare piuttosto in agglomerati di questioni che emergono dalla vita particolare dell’ateneo, sui quali si definiscono gruppi di pressione e influenza. Come quello che può costruirsi in relazione alla presente campagna elettorale.

Da questa politica universitaria emerge una geografia nuova, che non riflette la geografia politica tradizionale, ma che si definisce in base ad alcuni questioni specificatamente universitarie. Provo qui ad anticiparne qualche nodo, ma certamente ve ne sono anche altri.

1. “A cosa guarda il Politecnico?”
Il referente geografico prioritario dell’ateneo può essere il territorio locale (con le sue imprese, i suoi posti di lavoro, i suoi problemi specifici) oppure la rete degli omologhi atenei internazionali (e quindi i ranking e le strategie di alleanze).

2. “Quanto vuole essere grande?”
La dimensione e quindi la numerosità studentesca può essere, come è stato in questi ultimi anni, in espansione (con vantaggi in visibilità e potere) oppure, con una selezione di accesso maggiore, in contrazione (con vantaggi nella qualità didattica e nella vita universitaria).

3. “Come vuole essere amministrato?”
La governance di un ateneo è una composizione alchemica di organi differenti (giunta, senato, consiglio di amministrazione, dipartimenti, centri interdipartimentali…) che prevede una distribuzione di poteri che può essere orientata a una maggior partecipazione o a un maggior dirigismo.

4. “Quale rappresentazione della tecnica viene assunta e trasmessa?”
La cultura politecnica può continuare ad essere considerata un insieme di competenze separate, ognuna coltivata in una modellizzazione autonoma, efficace nella soluzione di problemi lineari, oppure – come già è avvenuto nel corso dell’ultimo rettorato – essere colta nella sua relazione con la dimensione sociale e quindi aprirsi trasversalmente alle nuove sfide globali, anche grazie all’apporto di modelli di relazione tra le discipline fornite dalle scienze umane e sociali.

5. “Come sarà il prossimo futuro?”
Il periodo di crescita delle università garantito dai fondi speciali europei sta esaurendo la propria forza d’urto e i prossimi anni presumibilmente richiederanno una strategia che può limitarsi al contenimento del danno oppure puntare su una selezione responsabile di alcune priorità su cui puntare per uscire dal guado.

Giovanni Durbiano
Giovanni Durbiano

Giovanni Durbiano è architetto e professore ordinario di composizione architettonica presso il Politecnico di Torino.