La missione universitaria è quella di formare alla vita associata, sociale e professionale. Quanto alle professioni, soprattutto in ambito tecnico e scientifico, osserviamo un ampliarsi delle discipline ed un allungarsi della profondità delle loro specializzazioni. È una dilatazione del sistema di conoscenza che riflette la dilatazione delle competenze richieste dal mondo del lavoro e delle professioni. Di contro, la vita associata è sempre più perturbata da eventi disordinanti l’ordine e la prevedibilità che le società dovrebbero dare ai propri cittadini che dentro i sistemi sociali sviluppano le proprie vite, nonché negli stessi sistemi aziendali. Sono due dinamiche collegate ad un unico fenomeno storico che è l’aumento esponenziale di complessità del mondo e di ogni suo sistema e sottosistema che lo compone. Il concetto sintetico che condensa tutto ciò è -complessità- ovvero molte più parti, molte più interrelazioni, molteplici effetti non lineari. In termini più storici, siamo finiti in una potente e profonda transizione storica, in un cambiamento epocale. Come accompagnare nella formazione questo potente cambiamento storico che promette di continuare nei prossimi anni e decenni?

Ho conosciuto Juan Carlos De Martin nell’ambito dell’iniziativa Biennale Tecnologia promossa dal Politecnico. Un, mi sembra, ben riuscito tentativo di fare il punto sulla tecnica, la scienza, la ricerca, la conoscenza, la società, la più ampia fase storica. Potrebbe diventare il modello standard di impostazione del Politecnico di Torino per i prossimi anni. Non ci sono ricette facili di come comporre un quadro formativo che tenga assieme il particolare ed il generale, lo specifico di campo ed il campo generale dei vari campi. Tuttavia, come ex professionista ed attuale studioso multidisciplinare, consiglio vivamente di provarci. Come studioso mi è chiaro l’aspetto teorico, ma come ex professionista mi è altrettanto chiaro l’aspetto pratico che per uno studente ovvero il riferimento cardine di ogni processo formativo, prende la forma di lavoro potenziale. Non peroro cause ideali a scapito di quelle materiali, né il contrario, peroro la causa del tenere in relazione le due necessità per il semplice fatto che sono necessità convergenti. Convergenti in un mondo, sociale e del lavoro, sempre più complesso, complessità a cui gli studenti dovranno adattarsi una volta usciti dal processo di formazione, come cittadini e professionisti.

Non sono pochi gli istituti universitari anche in ambito anglosassone, che cercano questo doppio livello di formazione generale e particolare. Le stesse punte di lancia del mondo aziendale tecnologico, si pensi all’ICT, richiedono sì formazione tecnica sebbene poi lo stato di conoscenza tecnico nelle professioni è quasi sempre più avanti di quello teorico data la velocità dei cambiamenti in atto, ma altrettanta capacità di scarto, invenzione, improvvisazione, repentino adattamento a scossoni cui i vari sistemi professionali e sociali verranno sempre più sottoposti e non solo per dinamiche endogene a quella specifica professione e base tecnica di conoscenze.

Ecco allora che la missione di un Nuovo Politecnico, potrebbe essere proprio il collocarsi in questo nuovo flusso di ricerca, sperimentazione e sviluppo di processi formativi che tengano in relazione profondità ed ampiezza. Non è proprietà di un politecnico diventare astrattamente una università pienamente multi-inter-trans-disciplinare; tuttavia, un politecnico in epoca complessa potrebbe o forse dovrebbe trovare la giusta composizione tra formazione tecnica e preparazione ai contesti. Per ruolo svolto nella impostazione e gestione della Biennale, per forme e contenuti del suo manifesto “Politecnico Futuro”, mi sembra che J.C. de Martin possa essere una ottima sintesi pensante ed operativa di questo necessario slancio verso il nuovo tipo di futuro complesso a cui dovremmo tutti adattarci.

Fagan
Pierluigi Fagan

Pierluigi Fagan, ex manager di multinazionali e imprenditore, da venti anni studioso indipendente di mondo e complessità.