Torino è una città in deficit di futuro, scrivevamo in “Torino 2030. A prova di futuro”, un lavoro basato sullo “sguardo lungo” sul futuro di Torino e coordinato da un gruppo misto di ricercatrici e ricercatori del Politecnico e dell’Università di Torino, di cui ho avuto il piacere e l’onore di far parte (https://www.researchgate.net/publication/353126671_Torino_2030_A_prova_di_futuro). I due Atenei sono tra i pochi attori della città che possono permettersi di tenere lo sguardo alto, individuando obiettivi non calibrati in modo miope sulle esigenze di consenso a breve. Immaginare il futuro è una delle funzioni, forse la principale, della politica. La democratizzazione del futuro è una priorità per le nostre società. Come sarà la città di Torino nel 2030? Quali tendenze demografiche, tecnologiche, ambientali e occupazionali stanno disegnando il perimetro dei suoi assetti? Quali le sfide, gli scenari e le missioni collettive per il territorio torinese? Allora e da allora, ho intensificato i rapporti professionali e intellettuali con i saperi politecnici, in modo proficuo per me e, spero, per le persone con le quali ho lavorato.

La collaborazione tra i due Atenei e l’ibridazione tra saperi diversi, in primis tra tecnologie, scienze sociali e humanities, è al centro dell’azione lungimirante del Politecnico, spesso in collaborazione con l’Università di Torino. Juan Carlos De Martin è stato uno dei principali artefici di questi processi; da “Grandi sfide”, il nuovo corso curriculare del Politecnico di Torino che prevede 24 corsi co-insegnati da coppie di docenti, di cui uno con impostazione tecnica e uno proveniente dal mondo delle scienze umane e sociali, per affrontare sei filoni tematici di grande attualità: clima, mobilità, digitale, salute, energia, tecnologie e umanità. Fino a Biennale Tecnologia, al Centro Nexa su Internet e società (fin dal 2006, in collaborazione con l’Università) e al centro THESEUS – Centro Studi su Tecnologia, Società e Umanità, centro interdisciplinare di Ateneo che ha come missione l’integrazione tra scienze applicate, scienze sociali e scienze umane, l’azione di De Martin si è caratterizzata per una chiara direzione, lungo tre assi:

1) Occorre innovare, certo, ma con lungimiranza e riflessività. Gli Atenei sono un motore cruciale dello sviluppo territoriale e possono essere all’altezza di questo compito sono se ricoprono un ruolo collettivo. Devono innovare dando voce (insieme) a istanze, priorità e progetti di interesse generale;

2) Tecnologia è umanità, come recita il motto di Biennale Tecnologia. Torino può svolgere un ruolo nella svolta tecnologica in corso solo se non imita in modo pedissequo e provinciale modelli esterni. Ha tutte le risorse e capacità per parlare con una voce propria e originale;

3) Le Università sono cruciali per lo sviluppo civile del Paese. La ricerca deve essere libera e produrre effetti pubblici.

Nel suo lavoro, De Martin ha sempre interpretato nel modo più alto possibile il ruolo di Docente, “curvando” le azioni del Politecnico in direzione degli effetti che le tecnologie esercitano su democrazia e cittadinanza. Così, per esempio, l’enfasi sull’impatto sociale significa non solo “misurare” – elemento necessario ma non sufficiente – ma mettere a punto modelli capaci di prevedere ex-ante, monitorare in itinere e governare ex-post la produzione di effetti sulle capacità di cittadinanza, la coesione sociale e la creazione di ricchezza inclusiva.

Nei modelli organizzativi e istituzionali messi a punto da De Martin, l’impatto sociale è sempre concepito su un’idea di sviluppo come progresso verso una sempre maggiore “libertà sostanziale” di tutte le persone, ossia (con la nostra Costituzione, art.3) “il pieno sviluppo della persona umana”. Ciò richiede obiettivi di sviluppo originati dalla visione del futuro possibile in ogni territorio (e non solo in quelli che più contano), che affianchino buoni lavori, rimozione di ostacoli all’accesso alla conoscenza e all’espressione di creatività imprenditoriale, alta qualità e accessibilità dei servizi fondamentali e relazione armoniosa con l’ecosistema; definizione dei confini dei luoghi in cui agire attraverso un processo di auto-riconoscimento guidato proprio dalla capacità di costruire una visione condivisa, indipendentemente da confini amministrativi o funzionali. La consapevolezza dell’impatto sociale così inteso, offre prospettive di didattica e ricerca congruenti con il governo umanistico e sociale del progresso tecnologico, che metta la centro le tecnologie di cittadinanza, l’economia fondamentale, le diseguaglianze e la transizione energetica.

Ho lavorato con De Martin in più di una occasione, spesso all’interno delle iniziative più sopra elencate. Insegno al corso “Grandi sfide” e collaboro stabilmente con il Politecnico. A volte, nella vita, occorre scommettere su un’idea di futuro. Care colleghe e cari colleghi del Politecnico di Torino, questa è la volta buona in cui farlo.

Filippo Barbera
Filippo Barbera

Professore ordinario di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università di Torino e Fellow del Collegio Carlo Alberto.