Mi ha favorevolmente colpito scoprire che i primi due punti del Manifesto di Juan Carlos De Martin per la sua candidatura a Rettore del Politecnico centrino in pieno, con poche ed efficaci parole, l’impegno a consolidare la Terza Missione dell’Ateneo. È superfluo sottolineare che se non ci fossero ben solidi i due pilastri della didattica e della ricerca anche la Terza Missione sarebbe velleitaria, ma esordire con questa significa avere la consapevolezza che i primi due sono strumentali al ruolo fondamentale di un Ateneo: essere attore delle sviluppo culturale ed economico del sistema territoriale del quale fa parte e quindi del Paese intero.

Dieci anni fa un libro della Brookings Institution di Washington D.C. illustrava con molte efficaci argomentazioni il ruolo dei distretti innovativi nelle aree urbane.

“I distretti innovativi creano valore capitalizzando la differenza tra informazione e conoscenza. L’informazione è ripetizione meccanica, è impersonale, è una merce ed è indifferenziata. La conoscenza invece è sottile, contestuale, specifica ed è condivisa tra le persone. Un’economia guidata dalla conoscenza attribuisce importanza alle istituzioni della conoscenza: le università, i centri di ricerca, le istituzioni innovative. Queste istituzioni tendono ad essere concentrate in modo prevalente nelle città e nelle aree urbane dove ne consegue una aggregazione di persone di talento, concentrate in quartieri vicini che si scambiano tra loro idee e conoscenza in quello che possiamo definire un processo dinamico di innovazione, imitazione e miglioramento.” (Bruce Katz e Jennifer Bradley, “The Metropolitan Revolution”, Brookings Institution Press, 2013).

In uno scenario di sviluppo guidato dalla conoscenza mi pare strategica la scelta fatta dal Politecnico di promuovere Biennale Tecnologia. Non soltanto i ceti dirigenti della città, ma tutta la comunità dei cittadini deve essere guidata nella realtà delle nuove tecnologie, per saperne valutare criticamente potenzialità e limiti e per farne un uso appropriato e coerente con lo sviluppo desiderato e condiviso. Così come sul versante della didattica mi sembra altrettanto strategica la scelta di formare ingegneri ed architetti arricchendo il curriculum strettamente tecnico con materie che tradizionalmente stavano solo nel campo umanistico ed erano estranee alla cultura politecnica. Non ho dubbi che questa strada intrapresa negli ultimi anni verrà consolidata anche nel futuro.

Si costruisce conoscenza e quindi innovazione in presenza di una “aggregazione di persone di talento” e mi viene dunque spontaneo riprendere una frase che da tempo sento ripetere come un obiettivo per la nostra città: Torino deve attrarre talenti!

Le condizioni che rendono attrattiva una città sono: la reputazione dei suoi atenei e la qualità della vita. Torino mi pare le soddisfi. Ma un obiettivo così ambizioso non può essere lasciato soltanto alle scelte delle singole persone, dovrebbe diventare un progetto condiviso tra gli atenei e le istituzioni della città. Si tratta di predisporre incentivi per indurre persone di talento a trascorrere un periodo a Torino ed anche legarne la presenza ad un progetto di innovazione tra i tanti necessari per lo sviluppo urbano. Un approccio analogo riguarda anche la grande platea degli studenti sia italiani che stranieri che arrivando a Torino potrebbero sentirsi parte di un progetto di inclusione anche di lungo periodo.

Valentino Castellani
Valentino Castellani

Valentino Castellani è stato docente al Politecnico di Torino e sindaco della città dal 1993 al 2001.