Perché mi candido

Perché voglio cimentarmi nella sfida alla poltrona più ambita del Politecnico? Innanzitutto, perché io considero quella poltrona non un fine, bensì un mezzo: a muovere chi si candida ad occuparla dev’essere soprattutto la volontà di assolvere a una funzione, più che l’ambizione – per quanto comprensibile e legittima – di ricoprire un ruolo prestigioso. Pertanto, con la mia candidatura, intendo mettermi a disposizione delle colleghe e dei colleghi nell’intento di dare insieme concretezza a una visione nuova per il futuro di questa istituzione, all’altezza delle sfide della contemporaneità anche in termini sociali, di inclusività e di sostenibilità. Con radici ben salde nel nostro territorio, ma impazienti di dialogare col resto d’Italia, con l’Europa e col mondo intero.
Perché Politecnico Futuro
Il titolo della mia campagna è “Politecnico Futuro” perché ritengo che sia cruciale mettere a fuoco come dovrà essere il Politecnico nei prossimi anni per far fronte a una serie di sfide molto complesse a tutti i livelli, dal locale fino ad arrivare al nostro pianeta. Nel mio libro “Università futura – tra democrazia e bit” (2017) avevo fatto una proposta per l’Università in generale; dopo cinque anni a fianco del Rettore e tanti progetti portati a termine con successo, ora è il momento di articolare una proposta specifica per il Politecnico.
Perché Mente, Cuore, Mani
Il motto della mia campagna, invece, è “Mente, Cuore, Mani”. Sono parole che hanno radici antiche: “mente, cuore, mano”, infatti, è una formula di Johann Heinrich Pestalozzi, il rivoluzionario pedagogista e filosofo svizzero vissuto a cavallo tra ‘700 e ‘800, formula ripresa di recente anche da Papa Francesco. “Mens et manus”, invece, dal 1861 è il motto della più prestigiosa università politecnica del mondo, il MIT di Boston, motto a cui da anni si sta pensando di aggiungere la parola “cor”, ovvero, cuore. In ogni caso il significato di “Mente, cuore, mani” è chiaro: unire le forze dell’intelligenza razionale astratta a, da una parte, le forze emotive e morali e, dall’altra, alla sapienza delle mani che, da quando esiste l’umanità, costruiscono il mondo in cui viviamo.